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[S.l.] : Marsilio, 2024
Abstract: Con il ritmo di un poliziesco e lo stile di un thriller, Erika Fatland ci consegna quello che ad oggi è il lavoro più approfondito sulla strage di Beslan, le sue cause e conseguenze. Sullo sfondo, ricostruisce la drammatica storia del Caucaso, gettando nuova luce sull’operato di Putin e fornendo un punto di vista unico sulle tempeste che infuriano in questa parte sconosciuta della Russia. Il 1° settembre 2004, l’inizio dell’anno scolastico, un commando di 32 terroristi ceceni dà l’assalto a una scuola di Beslan, in Ossezia, Sud della Russia, sequestrando alunni, genitori e insegnanti. Dopo un duro assedio da parte della polizia russa e gli inutili tentativi di giungere a una soluzione pacifica, i corpi speciali irrompono nella scuola. L’epilogo è sanguinoso: 333 morti, di cui 186 bambini. In quei tre giorni l’attenzione del mondo è puntata sull’Ossezia e sulle responsabilità di Putin, ma dopo qualche settimana l’interesse cala e i giornalisti stranieri fanno ritorno alle loro case. A Beslan si seppelliscono i morti, ma il mistero di quella strage continua a covare sotto la cenere. Cosa è successo davvero? Chi erano i terroristi e quali i loro obiettivi? Che ruolo hanno avuto Putin e i servizi segreti russi e perché chi ha osato criticarne l’operato è stato minacciato o ucciso?
25 luglio 2025 alle 17:19
Il libro è un saggio da pelle d'oca che mostra l'orrore di un massacro di innocenti, attraverso le testimonianze di chi miracolosamente si è salvato, le indagini di chi ancora cerca di far luce sulle dinamiche e le colpe dell'attentato ed il lavoro di ricerca dell'antropologa Erika Fatland. È proprio quest'ultima che, in prima persona, ci rende partecipi del materiale raccolto durante i suoi due soggiorni in Ossezia. Una strage ammantata da disinformazione e non solo: i media parlavano di un numero molto inferiore di ostaggi, solo un terzo degli effettivi. La richiesta degli attentatori era il ritiro delle truppe sovietiche in Cecenia, ma dal governo non c'è stato nessun movimento in tal senso. Ancora oggi risulta impossibile conoscere la verità, anche perché tutte le organizzazioni nate in tal senso sono state perseguitate e ostacolate dal governo. Non per nulla molti dei sopravvissuti attribuiscono la colpa della carneficina a Putin, senza contare ipotesi che avvalorano la tesi che le esplosioni siano arrivate addirittura dal servizio per la sicurezza russo. Dalle pagine emerge un dolore smisurato, oltre alle immagini raccapriccianti di bambini e genitori tenuti in ostaggio senza cibo e acqua, spinti dalla disperazione a bere la propria urina, di madri costrette ad abbandonare un figlio per poterne salvare un altro, di cadaveri e brandelli di carne ovunque... Immagini che fanno mancare l'aria... A chi è scampato resterà per sempre il trauma irreversibile della perdita, se non gravi menomazioni che hanno cambiato radicalmente la loro vita: bambini impossibilitati a frequentare la scuola, mogli invalide abbandonate dai mariti. L'autrice pone l'accento anche sulla città di Beslan, una città silenziosa, in cui nessuno osa più ridere, un paese fantasma. Mostra tutti i divari politici e territoriali, l'odio radicato tra l'Ossezia e la vicina Inguscezia, l'arretratezza, la povertà, la disoccupazione e la criminalità di questi paesi. Beslan avrà mai la sua verità? Sicuramente non riporterebbe in vita le vittime, ma allevierebbe forse in parte il dolore di chi ancora non riesce a spiegarsi il motivo di un gesto talmente disumano. Per ora resta solo la Gorod Angelov, la città degli angeli, il cimitero in cui riposano tutte le vittime dell'attentato di Beslan, sulle cui tombe continua a piangere una madre, un padre, un parente... e sulle cui morti dovrebbe continuare a piangere tutto il mondo...
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