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Milano : Feltrinelli, 2023
Abstract: Otto Adolf Eichmann, figlio di Karl Adolf e di Maria Schefferling, catturato in un sobborgo di Buenos Aires la sera dell'11 maggio 1960, trasportato in Israele nove giorni dopo e tradotto dinanzi al Tribunale distrettuale di Gerusalemme l'11 aprile 1961, doveva rispondere di 15 imputazioni. Aveva commesso, in concorso con altri, crimini contro il popolo ebraico e numerosi crimini di guerra sotto il regime nazista. L'autrice assiste al dibattimento in aula e negli articoli scritti per il "New Yorker", sviscera i problemi morali, politici e giuridici che stanno dietro il caso Eichmann. Il Male che Eichmann incarna appare nella Arendt "banale", e perciò tanto più terribile, perché i suoi servitori sono grigi burocrati.
11 maggio 2025 alle 22:25
Nel saggio, uscito nel 1963, Hannah Arendt, giornalista ed intellettuale tedesca fuggita in Francia nel 1933 in seguito alle politiche antisemite, racconta del processo al criminale nazista Eichmann, celebrato nel 1960 a Gerusalemme.
Malgrado il testo si basi su documenti ed atti del processo, quindi su fatti oggettivi, risulta ancor oggi scomodo, faticoso perché affronta, e non nasconde, questioni spinose, dolorose, come la differenza nelle reazioni e nei comportamenti dei diversi popoli e governi europei al progetto nazista di soluzione finale del popolo ebraico, oppure il ruolo giocato dai Consigli ebraici nelle deportazioni, oppure ancora le responsabilità dei tedeschi, capi e funzionari nazisti da un lato, comuni cittadini dall'altro, nel perfetto funzionamento dell'ingranaggio dello sterminio.
Un saggio lucido, per alcuni versi unico, che cerca di fornire una lettura razionale di un periodo buio il cui "guaio" scrive l'autrice, "era che di uomini come lui [Eichmann] ce n'erano tanti e che questi tanti non erano né perversi né sadici, bensì erano, e lo sono tuttora, terribilmente normali".
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