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Il canto del profeta
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Lynch, Paul

Il canto del profeta

[S.l.] : 66thand2nd ; 2024

Abstract: È una serata umida a Dublino quando la biologa Eilish Stack sente qualcuno bussare alla porta. In piedi davanti alla veranda trova due uomini della polizia segreta, venuti a cercare suo marito, vicesegretario del sindacato insegnanti. Larry Stack però non è ancora rientrato. «Non c’è niente di cui preoccuparsi» le dicono gli agenti in tono cortese. Ma una volta che se ne sono andati, Eilish ha l’impressione che le ombre della notte siano entrate in casa. Qualche tempo prima, il partito di destra National Alliance è salito al governo e ha approvato delle leggi che gli attribuiscono poteri d’emergenza. Poco dopo, Larry è inghiottito dal labirinto burocratico dello Stato e la vita di Eilish e dei suoi quattro figli sprofonda nel caos. Tutta l’Irlanda scivola verso l’autocrazia, risucchiata in un «buco nero» che «anche quando il regime sarà rovesciato continuerà a crescere e a consumare il paese per decenni». Le scuole e i negozi chiudono, gli scaffali dei supermercati si svuotano, i cittadini perdono il lavoro, poi anche i loro diritti. Per strada si spara e si lanciano bombe. Finché agli irlandesi non resta altra scelta che scappare come profughi. Distopico, terribilmente attuale, sostenuto da un ritmo serrato, Il canto del profeta ci ricorda in modo drammatico quanto siano fragili le nostre libertà e quanto sia facile, anche per una democrazia del ricco Occidente, precipitare nella barbarie.

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Utente 10129
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È un romanzo distopico che risulta talmente attuale da sembrare reale e non una semplice previsione. Lo stesso autore Paul Lynch ha rivelato di essersi ispirato agli avvenimenti della moderna Siria ed al conseguente esodo di massa della popolazione, una vera e propria crisi umanitaria senza fine a cui l'Occidente si mostra indifferente. Lynch esplora così l'evolversi di un momento storico già presente, possibile ovunque, in cui le libertà sono fortemente limitate tra coprifuoco, controlli ed arresti dell'USNG, sequestri di stato e scontri con i ribelli politici. Ciò che traspare in modo deciso dal libro è un forte senso di inquietudine, una grande tensione che lo rendono soffocante, claustrofobico. Il tutto procede con un ritmo lento ma serrato, in capitoli lunghi in cui persino i dialoghi vengono inglobati nella narrazione senza segni di interpunzione, in un flusso continuo in cui risulta difficile prendere respiro, eppure non si può che avvertire l'esigenza di emergere e prendere aria. La protagonista incarna alla perfezione questo stato d'animo, questa ansia palpabile fin dalle prime pagine, al punto che il confine tra incubi e realtà risulta labile e senza via d'uscita e gli unici attimi di sollievo sono dati dai flash dei momenti felici del passato. Dall'alto incombe e sovrasta un regime totalitario e sovversivo, che agisce senza dare spiegazioni, che avvolge ogni persona nel silenzio di una malvagità che uccide nel profondo, peggio della morte. Ovunque c'è distruzione, un disorientamento totale per cui risulta difficile tenere il conto dei giorni, ed una privazione di libertà che deteriora chiunque, senza parlare delle conseguenze della guerra: assenza di cibo, inflazione alle stelle, interruzione continua di corrente, divieto di informarsi attraverso mezzi di comunicazione stranieri. La protagonista, come molti altri nella stessa situazione, si sente completamente svuotata, straziata dal dolore, sempre più sola... e la speranza che il marito ritorni si affievolisce sempre più, diventa un'ombra, "un'assenza dove una volta c'era l'amore, o forse un po' d'amore è rimasto in un vano del cuore sigillato sotto un gran peso". L'autore riesce a trasmettere tutte le sensazioni provocate da questo scenario apocalittico in modo impeccabile; il canto del profeta però non annuncia la fine del mondo, ma la consapevolezza che le violenze già accadute nel passato continueranno a ripresentarsi in modo ciclico, come già avviene in vari angoli del mondo. Una visione tutt'altro che rosea, che smorza anche la labile speranza che si avverte nell'epilogo. Un contenuto ed una scrittura ineccepibili, eppure per me è risultato un libro davvero faticoso, nella sua lentezza, nella sua staticità, nella sua ripetitività: mi sono sentita quasi "in prigione", e se è questa la sensazione che Lynch voleva lasciare al lettore, con me ci è riuscito alla perfezione. Ma è un libro che non rileggerei, che è lontano dai miei gusti e che mi dispiace di non essere riuscita ad apprezzare pienamente, perché, nonostante tutto, non posso non riconoscerne la grandezza.

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