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Cani di paglia nell'universo
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Ye, Chun

Cani di paglia nell'universo

Vicenza : Neri Pozza, 2024

Abstract: Sixiang ha dieci anni, eppure sa bene quanto possa essere capricciosa – e letale – l’acqua. L’anno prima un tifone ha colpito il suo villaggio, nelle campagne cinesi, e lei, la mamma e la nonna si sono dovute rannicchiare in tinozze galleggianti, le pance sempre più vuote, schivando rami, detriti, mobili, cadaveri bluastri. Ora, pigiata in una stiva insieme a una donna che l’ha comprata per un sacchetto di riso, Sixiang non sa cosa aspettarsi dal futuro e dal luogo in cui approderà, Montagna d’Oro, dove l’attende una nuova famiglia, o almeno così dice la madam. Sopra, sotto e in tutte le direzioni, c’è solo acqua. Montagna d’Oro: la terra dell’abbondanza, della ricchezza. La terra in cui nessuno muore di fame. La terra che anni prima il padre di Sixiang ha sognato e raggiunto, senza riuscire più a tornare. L’unica cosa che la bambina possiede di lui è una foto, arrivata da oltreoceano proprio il giorno della sua nascita. La stessa foto, avvolta in un fazzoletto di seta, che adesso Sixiang spera la guidi nel viaggio alla ricerca di quel che resta della sua famiglia. Perché Sixiang sa che Montagna d’Oro è ben diversa da quello che tutti raccontano. È il luogo in cui scompare la gente. Il luogo delle persone dai mille colori e dalle strade di ferro, che i cinesi come suo padre stanno aiutando a costruire. Ma anche un luogo dove ai cinesi come suo padre i bianchi tagliano le trecce, e gliele avvolgono attorno al collo. Come un cappio. Dalle campagne dell’Asia alla San Francisco di metà Ottocento, "Cani di paglia nell’universo" è un racconto di immigrazione e identità; una pagina di storia negata che Ye Chun illumina con la grazia di una scrittura limpida, capace di insegnarci quanta tenacia e coraggio servono per sopravvivere in un mondo nuovo.

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Utente 84575
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Un romanzo doloroso e struggente sulla difficile emigrazione dei cinesi nella San Francisco di fine Ottocento.
Nell'antica tradizione religiosa cinese i cani di paglia venivano bruciati, al posto dei cani veri, come sacrifici e per questo non contavano né valevano nulla. Così i protagonisti del racconto, lavoratori cinesi emigrati negli
Stati Uniti, definiscono se stessi "cani di paglia" vedendo negata la propria esistenza e la propria umanità.
In realtà però le loro vicissitudini e le loro esperienze sono vitali, umane; la loro sofferenza è fatta di lacrime, di sudore, di sangue impastati con la polvere e la terra in cui si trovano a lavorare e a sopravvivere.
E questa esistenza, terrestre e terrena, di carne e di ossa, riesce sempre a guardare il cielo, a ricordare gli affetti presenti e passati, vivi e morti librandosi nella loro purezza.

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