Rete Bibliotecaria Bergamasca

È un giallo di ambientazione vittoriana in cui il protagonista ricorda vagamente il più famoso Sherlock Holmes. Vagamente perché per quanto sia impeccabile nelle sue indagini e riesca a cogliere con naturalezza qualsiasi dettaglio, caratterialmente indispone il lettore. Inizialmente si può pensare ad un finto burbero, dall'animo buono ed invece si mostra come un personaggio odioso e maleducato dall'inizio alla fine. Indubbiamente un personaggio molto particolare, ma che dubito riuscirà a far breccia in qualche cuore. Il libro è in prima persona e la voce narrante è quella di March, una sorta di assistente del detective, che nonostante l'epoca che sminuisce il ruolo ed il valore della donna, ha il pregio di farsi valere. I personaggi sono contenuti e, quindi, il colpevole è da ricercare in una cerchia ristretta. Il libro è scorrevole, aiutato anche dai capitoli brevi, ma l'atmosfera di mistero è sempre molto labile e dissipata invece dall'insistenza di scene raccapriccianti, truculente, descritte nei particolari, che non risultano così piacevoli. Tra le righe della narrazione principale si insinuano anche quelle di una bozza letteraria, dal momento che March si diletta con la scrittura, anche se risulta sempre caotica, frammentaria, senza capo né coda: sinceramente non l'ho capita... Altra nota negativa è il prologo, che si apre con una serie di delitti che restano fini a se stessi, senza nessun altro collegamento o spiegazione, dal momento che non vengono più ripresi. L'epilogo offre tutta la risoluzione del caso, in parte intuibile ed in parte impossibile da decifrare per il lettore per l'assenza di indizi in tale direzione. Sebbene la storia sia ben costruita, non risulta accattivante e coinvolgente. Un libro che non consiglierei.